Specie aliene invasive: principi guida per la gestione del fenomeno

Piero Genovesi, Lucilla Carnevali 

 


Tratto da: "Caratterizzazione e diffusione delle specie aliene acquatiche e di ambienti umidi in Umbria" (Capitolo 6)

 

 

 

Riassunto 

 

Per rispondere alla minaccia delle specie aliene invasive, le strategie di gestione definite sia a livello nazionale che globale richiedono di lavorare secondo un approccio gerarchico i cui principi sono previsti sia dalla strategia europea per la biodiversità che dalla “Strategia Nazionale per la Biodiversità” e sono riconosciuti come i più efficaci dalla comunità scientifica internazionale. Prima di tutto devono essere intraprese azioni dirette a prevenire l’arrivo e l’insediamento di nuove specie invasive.

 

La prevenzione è la linea di difesa più efficace, meno costosa e meno complessa. Nel caso di arrivo di una nuova specie aliena, è essenziale mettere in atto sistemi di rapida allerta e risposta tempestiva. Nel caso di nuovi insediamenti, è necessario verificare la possibilità di eradicare totalmente i nuclei o, nel caso in cui non sia fattibile, attivare interventi di controllo permanente. Al fine di promuovere una più efficace gestione delle specie aliene invasive, l’Unione Europea ha adottato nel 2015 il Regolamento 1143/2014, che impone una serie di divieti e obblighi che potrà contribuire a mitigare i problemi causati dalle invasioni biologiche. L’elemento essenziale del Regolamento è la lista di specie aliene invasive di rilevanza Unionale, per le quali il testo impone misure particolarmente stringenti, tra le quali un bando delle importazioni e del commercio, un divieto di possesso, di allevamento, di riproduzione, di trasporto, di utilizzo e di rilascio in natura. 

 

La lista di rilevanza Unionale, adottata ufficialmente il 1 luglio del 2016 (Reg. di esecuzione (UE) 2016/1141) e aggiornata due volte fino ad oggi (nel 2017 con Reg. di esecuzione (UE) 2017/1263 e nel luglio 2019 con Reg. di esecuzione (UE) 2019/1262), è composta da 66 specie (di cui 42 già presenti in Italia). L’Italia ospita infatti un numero altissimo di specie alloctone (più di 3000 dai dati più recenti della Banca Dati Nazionale Specie Alloctone di ISPRA). Il regolamento unionale prevede anche la possibilità per i paesi di sviluppare liste di specie invasive di rilevanza nazionale. A livello nazionale, è entrato in vigore il Decreto Legislativo n.230 del 15 dicembre 2017 per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1143/2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive, che individua gli enti responsabili dell’attuazione del Regolamento a livello nazionale. Va sottolineato come il fenomeno delle invasioni biologiche sia intrinsecamente connesso ai comportamenti dell’uomo, e non possa essere affrontato solo con strumenti regolamentativi. È indispensabile il supporto della intera società, ed una più piena consapevolezza da parte dei cittadini delle problematiche connesse al fenomeno delle invasioni biologiche e dei motivi che rendono necessario e urgente affrontare questa minaccia. Il presente capitolo sintetizza il quadro normativo internazionale, comunitario e nazionale, al fine di fornire un supporto alla programmazione delle azioni di prevenzione e gestione di questo fenomeno. 

 

Introduzione 

Le specie aliene invasive, ovvero le specie introdotte dall’uomo, intenzionalmente o accidentalmente, al di fuori del loro areale naturale e che hanno impatti sull’ambiente, rappresentano una grave e crescente minaccia alla biodiversità e alle attività dell’uomo. In Europa si calcola siano presenti più di 12.000 specie aliene, di cui il 10-15% è ritenuto invasivo. Le specie aliene (sinonimi: alloctone o esotiche) invasive rappresentano la terza più grave minaccia alle specie in pericolo di estinzione secondo la lista rossa della IUCN (Genovesi et al., 2015 e si stima che il loro impatto provochi oltre 12 miliardi di euro all’anno di perdite economiche. Per rispondere a questa minaccia, le strategie di gestione definite sia a livello nazionale che globale richiedono di lavorare secondo un approccio gerarchico, concentrando gli sforzi prima di tutto in azioni dirette a prevenire l’arrivo e l’insediamento di nuove specie invasive. La prevenzione non è infatti solo la linea di difesa più efficace, ma anche la meno costosa e complessa. Nel caso in cui una specie riesca comunque ad arrivare, è essenziale mettere in atto sistemi di rapida allerta e risposta tempestiva, in modo da intervenire, nelle primissime fasi dell’invasione. Nel caso di nuovi insediamenti, è necessario verificare la possibilità di rimuovere totalmente i nuclei (eradicazione) o, nel caso in cui l’opzione non risulti fattibile, attivare interventi di controllo permanente (Simberloff et al., 2011). Al fine di promuovere una più efficace gestione delle specie aliene invasive, l’Unione Europea ha adottato il Regolamento 1143/2014, entrato in vigore nel 2015, che impone una serie di divieti e obblighi (Genovesi et al., 2014), che potrà contribuire a mitigare i problemi causati dalle invasioni biologiche. Anche alla luce di questa recente modifica legislativa, il presente capitolo sintetizza il quadro normativo internazionale, comunitario e nazionale, al fine di fornire un supporto alla programmazione delle azioni di prevenzione e gestione di questo fenomeno. Anche se questo capitolo si focalizza sugli aspetti normativi, va sottolineato come il fenomeno delle invasioni biologiche sia intrinsecamente connesso ai comportamenti dell’uomo, e non possa essere affrontato solo con strumenti regolamentativi. È indispensabile il supporto della intera società, e una più piena consapevolezza da parte dei cittadini delle problematiche connesse al fenomeno delle invasioni biologiche e dei motivi che rendono necessario ed urgente affrontare questa minaccia. 

 

Il supporto di tutte le componenti a diverso titolo coinvolte nello spostamento e nella gestione delle specie invasive è essenziale: solo attraverso l’adozione di comportamenti più responsabili da parte di tutti i settori della società è possibile ridurre i rischi di ulteriori introduzioni, e permettere una efficace gestione dei nuclei già presenti nel nostro paese. 

 

Per questo è essenziale sviluppare campagne di comunicazione e sensibilizzazione, e incoraggiare l’adozione di codici di condotta da parte dei diversi settori della società. Esempi in questa direzione sono il Codice di Condotta Europeo sulla Caccia e le Specie Invasive (Monaco et al., 2013), il Codice di Condotta sull’Orticoltura e le Specie Invasive (Heywood e Brunel, 2011) o il Codice di Condotta sugli Zoo, gli Acquari e le Specie Invasive (Scalera et al., 2012). 

 

Indirizzi e strategie 

I principi generali di gestione delle specie invasive delineati nell’introduzione, anche descritti come approccio gerarchico, sono espressamente previsti sia dalla strategia europea per la biodiversità che dalla “Strategia Nazionale per la Biodiversità” – approvata il 7 ottobre 2010 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e di Bolzano d’intesa con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare –, e sono richiamati nelle “Linee guida per la prevenzione, l’introduzione e la mitigazione degli impatti della specie alloctone che minacciano gli ecosistemi, gli habitat o le specie” (“CBD Guiding Principles” adottati con Decisione VI/23 dalla VI Conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione sulla Biodiversità, The Hague, 7-19 aprile 2002). Questi principi sono anche riconosciuti come i più efficaci dalla comunità scientifica internazionale (e.g. Simberloff et al., 2013). 

 

Convenzioni internazionali 

Molte sono le convenzioni internazionali, cui l’Italia aderisce, che includono prescrizioni rilevanti per le specie aliene invasive. La Convenzione Internazionale sulla Protezione delle Piante (IPPC), approvata a Roma nel 1951, ha introdotto un regime internazionale finalizzato a prevenire la diffusione e l’introduzione di insetti infestanti delle piante e dei prodotti delle piante attraverso l’uso di misure sanitarie e fitosanitarie. 

 

Gli standard adottati dall’IPPC hanno sviluppato misure di quarantena per le piante infestanti e per i parassiti delle piante, e ha sviluppato un quadro di organizzazioni nazionali per la protezione delle piante con autorità in relazione al controllo della quarantena, analisi del rischio, e altre misure finalizzate a prevenire la diffusione di piante invasive e di insetti infestanti. La Convenzione di Bonn, approvata nel 1979, all’art. 3, c. 4, lett. c), richiede agli Stati firmatari di porre in essere ogni sforzo per prevenire, ridurre o controllare i fattori che minacciano o che possono aumentare il livello di minaccia alle specie autoctone, attraverso misure che includono il blocco delle introduzioni, nonché il controllo o l’eliminazione delle specie esotiche introdotte. La stessa Convenzione prevede anche all’art. 11, paragrafo 25, che le parti contraenti si impegnino a controllare strettamente l’introduzione di specie non indigene. 

 

Nell’ambito di questa Convenzione sono state adottate diverse raccomandazioni specificamente mirate alle specie aliene invasive, e nel 2003 è stata adottata una Strategie Europea sulle Specie Aliene Invasive (Genovesi e Shine, 2004) che prevede l’adozione di un sistema di misure di prevenzione, rapida risposta alle nuove invasioni, nonché l’attivazione di interventi di eradicazione e controllo delle specie invasive qualora la prevenzione non risulti efficace. Oltre ai sopra richiamati principi guida, la Convenzione di Rio de Janeiro sulla Biodiversità del 1992 prevede all’art. 8 lettera h, che, per quanto possibile e opportuno, ogni parte contraente, vieti di introdurre specie esotiche oppure le controlli o le elimini, se minacciano gli ecosistemi, gli habitat o le specie. L’Accordo sulla Conservazione degli Uccelli d’acqua migratori Africani-Euroasiatici (AEWA) del 1995 all’art. III(2) (g) impone che le parti vietino la deliberata introduzione di specie di uccelli acquatici estranei all’ambiente e prendano le appropriate misure per prevenire il rilascio accidentale di tali specie se questi pregiudicano lo stato di conservazione della fauna e flora selvatica; qualora le specie non-indigene fossero già state introdotte, le Parti devono prendere tutte le misure appropriate per prevenire che queste specie vengano considerate una minaccia potenziale a quelle indigene. La Convenzione Internazionale per il Controllo e la Gestione dei Carichi delle Navi e dei loro sedimenti, adottata sotto gli auspici dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) ed entrata in vigore nel 2016, prevede l’impegno delle Parti ad applicare una serie di misure per prevenire, minimizzare ed eliminare lo spostamento di organismi acquatici dannosi e patogeni attraverso il controllo e la gestione dei carichi delle navi e dei loro sedimenti.

 

Norme nazionali 

Il quadro normativo nazionale da diversi decenni comprende prescrizioni rilevanti in merito alla gestione delle specie aliene invasive, ma solo di recente ha introdotto misure specifiche e più stringenti. La legge 11 febbraio 1992 n.157 all’art. 20 regola l’“Introduzione di fauna selvatica dall’estero” prevedendo al comma 1 esclusivamente la possibilità di importare specie autoctone di mammiferi ed uccelli per fini di ripopolamento. Il D.P.R. n. 357 dell’8 settembre 1997 di recepimento della Direttiva Habitat (92/43/CEE), come modificato ed integrato dal D.P.R. 12 marzo 2003 n.120, ha stabilito un “divieto di reintroduzione, introduzione e immissione in natura di specie e popolazioni non autoctone” (art. 12, comma 3). Tuttavia il D.P.R. non prevede sanzioni nel caso di inottemperanza delle norme e il divieto e risulta pertanto di difficile applicazione. Il divieto citato è stato oggetto di una sentenza della Corte Costituzionale (30 del 6 febbraio 2009), che ha impugnato la Deliberazione della Giunta della Regione Veneto 04/03/2008, n. 438, recante “Ulteriori criteri per le immissioni di specie ittiche nelle acque interne regionali. Indirizzi ai fini di coordinamento per la protezione del patrimonio ittico regionale ai sensi dell’art. 3 c.1 della Legge regionale 28.4.1998, n. 19” ai punti 1, 2 e 3. Nella deliberazione le specie ittiche carpa, pesce gatto, trota iridea e lavarello venivano considerate quali “specie para-autoctone” e se ne autorizzava l’immissione nelle acque di competenza regionale. La Corte Costituzionale ha ritenuto che la Regione Veneto non poteva introdurre le specie ittiche in esame e ha così annullato la deliberazione della Giunta regionale della Regione. L’approvazione della L. 221/2015, nella quale si è introdotto un generale obiettivo di eradicazione per le specie aliene invasive, ha chiarito che l’attuazione di interventi finalizzati all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni di mammiferi e uccelli presenti in Italia deve essere attuata secondo i modi e le procedure disposti dall’art.19 della legge n. 157/92. Tale norma assegna pertanto alle Regioni la titolarità dell’azione di controllo delle specie invasive dei due gruppi tassonomici. Nel corso del biennio 2014-2015, in contemporanea con l’emanazione del regolamento comunitario 1143/14, la gestione della Nutria ha subito una importante rivisitazione normativa anche a scala nazionale con l’approvazione della L. 116/2014 e della L. 221/2015. In virtù delle suddette modifiche normative, allo stato attuale il roditore è escluso dalla fauna selvatica oggetto della L. n. 157/92 al pari di talpe, ratti, topi propriamente detti e arvicole, ma è resa possibile l’attuazione di interventi finalizzati all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni presenti secondo i modi e le procedure disposti dall’art.19 della legge n. 157/92. Il 14 febbraio 2018 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n.230 del 15 dicembre 2017 per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1143/2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive. Come specificato già nel titolo il decreto individua gli enti responsabili dell’attuazione del Regolamento a livello nazionale e disciplina i vari passaggi (dai permessi in deroga ai controlli alle frontiere). 

 

Norme comunitarie 

Come accennato, l’Unione Europea ha recentemente adottato una innovativa legislazione in materia di specie aliene invasive, che rappresenta un passo avanti significativo negli sforzi per prevenirne e mitigarne gli impatti (Genovesi et al., 2014) concorrendo anche al raggiungimento degli obiettivi di diverse altre direttive europee in cui già erano presenti prescrizioni in merito alle specie aliene (Direttiva 92/43/CE“Habitat”, Direttiva 2009/147/ CE “Uccelli”, Direttiva 2000/60/CE “Acque”, Direttiva 2008/56/CE “Ambiente marino”). L’ adozione del Regolamento n. 1143/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, “recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive”, entrato in vigore il 1 gennaio 2015, segue un lungo percorso di discussioni tecniche e politiche, iniziato nel 2003 con l’approvazione della Strategia Europea sulle Specie Alloctone Invasive da parte del Consiglio d’Europa già citata e rappresenta la prima ampia legislazione comunitaria in materia di tutela della biodiversità dopo oltre 20 anni. L’ elemento essenziale del Regolamento è la lista di specie aliene invasive di rilevanza Unionale, per le quali il testo impone misure particolarmente stringenti, tra le quali un bando delle importazioni e del commercio, un divieto di possesso, di allevamento, di riproduzione, di trasporto, di utilizzo e di rilascio in natura. Gli Stati membri dovranno inoltre sviluppare, entro 18 mesi dall’adozione del Regolamento, un sistema di sorveglianza (art.14) che permetta di determinare la presenza e la distribuzione di nuove specie esotiche invasive di rilevanza Unionale sul proprio territorio nonché delle specie già insediate. In caso di rilevamento in natura di specie di rilevanza Unionale, gli Stati Membri hanno un obbligo di immediata eradicazione (art.17) la cui mancata applicazione dovrà essere giustificata alla Commissione europea ai sensi dell’art. 18. Nel caso di specie di rilevanza Unionale già diffuse sul territorio, l’art. 19 del Regolamento prevede che entro 18 mesi gli Stati membri predispongano misure di gestione efficaci in modo da renderne minimi gli effetti sulla biodiversità, i servizi ecosistemici collegati e, se del caso, sulla salute umana o sull’economia. Le misure di gestione dovranno essere proporzionate all’impatto delle specie target sull’ambiente e adeguate alle circostanze specifiche degli Stati membri e si basano su un’analisi costi/benefici che include anche, nel limite del possibile, le misure di ripristino di cui all’articolo 20. La lista di rilevanza Unionale, adottata ufficialmente il 1 luglio del 2016 (Reg. di esecuzione (UE) 2016/1141) e aggiornata due volte fino ad oggi (nel 2017 con Reg. di esecuzione (UE) 2017/1263 e nel luglio 2019 con Reg. di esecuzione (UE) 2019/1262), è composta da 66 specie. Un elemento molto innovativo del Regolamento UE è rappresentato dall’obbligo per i Paesi Membri di identificare i vettori responsabili dell’arrivo delle specie invasive, e di sviluppare quindi piani d’azione per gestire queste vie di ingresso in modo da prevenire ulteriori introduzioni. Anche se la lista di specie di rilevanza Unionale rappresenta un elemento cruciale dello strumento legislativo, il testo va oltre la lista, e prevede la possibilità per i paesi di sviluppare liste di specie invasive di rilevanza nazionale, sulle quali potranno essere applicate le stesse misure pensate per la lista Europea. Inoltre, gli Stati sono chiamati a collaborare tra di loro nel caso di specie invasive che interessino territori transfrontalieri. Le liste nazionali e l’approccio transfrontaliero permetterà anche di gestire in modo efficace le specie aliene invasive in una parte d’Europa, ma autoctone in un’altra parte, che sono escluse dalla lista delle specie di rilevanza Unionale. Se il disegno complessivo del Regolamento appare tecnicamente corretto, non va nascosto che ci sono punti deboli che potrebbero fortemente limitare l’efficacia della risposta europea al fenomeno delle invasioni biologiche. In particolare il Regolamento non ha strumenti finanziari per assicurare l’implementazione delle azioni previste. La responsabilità e il peso economico delle azioni di prevenzione e gestione delle specie invasive saranno quindi a carico delle autorità nazionali dei Paesi Europei, e nel caso dell’Italia è presumibile che saranno gli enti locali – in particolare regioni, province autonome e aree protette – a dover assicurare l’implementazione concreta delle misure introdotte dal regolamento. L’unica indicazione di natura finanziaria che il testo fornisce risiede nella possibilità di applicare il cosiddetto “polluter pays principle”, strumento poco efficace per rispondere alle invasioni biologiche: a differenza dei casi di inquinamento, le invasioni biologiche sono infatti caratterizzate da una progressiva crescita nel tempo dei costi di risposta e anche solo il rilascio di pochi esemplari da parte di un privato (come fu il caso del scoiattolo grigio in Piemonte) può nel corso del tempo determinare impatti drammatici, con costi che difficilmente possono essere coperti appunto dal singolo soggetto responsabile dell’introduzione. Per il nostro paese, l’impegno richiesto dal Regolamento 1143/14 sarà particolarmente gravoso. L’Italia ospita infatti un numero altissimo di specie alloctone (più di 3000 dai dati più recenti della Banca Dati Nazionale Specie Alloctone di ISPRA) e 42 delle 66 specie aliene di rilevanza Unionale sono già presenti in Italia. 

 

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Tratto da:

"Caratterizzazione e diffusione delle specie aliene acquatiche e di ambienti umidi in Umbria"

Anno di pubblicazione 2019

Arpa Umbria 

Autori vari / a cura di Valentina Della Bella, Arpa Umbria