Giornata mondiale della terra: uno sguardo sul nostro pianeta

 

Il 22 aprile è la Giornata mondiale della terra. Un appuntamento che arriva giusto un mese dopo la Giornata mondiale dell’acqua e un mese preciso prima della Giornata mondiale della biodiversità. Il 21 marzo, invece, con l’inizio della primavera, ricordiamo la Giornata nazionale del polline. Il rosario potrebbe continuare con la Giornata della salute, fino a quella della neve per arrivare alla celebrazione dell’orso polare passando magari per il Darwin day. In genere, quando si eccede con queste celebrazioni c’è la volontà, consapevole o meno, di depotenziare l’efficacia del messaggio. L’Earth Day fu istituito esattamente 50 anni fa, nel 1970, quando il presidente degli Stati Uniti era Richard Nixon, artefice di una politica ambientale significativa (National Environmental Policy Act, Clean Air Act, Giornata nazionale della Terra, Federal Water Pollution Control Act).

Un genetliaco così importante poteva essere l’occasione per fare il punto sull’ingerenza dell’uomo sul pianeta e gettare le basi per il futuro. Il COV-19 purtroppo ha fatto virare la scala delle priorità verso altre direzioni e poco spazio trovano oggi sulla stampa i cambiamenti climatici o la scomparsa della biodiversità. Tutte le preoccupazioni sono adesso improntate sulla salvaguardia della salute e la ripresa dell’economia che, a causa della pandemia, versa in una crisi che non ha uguali neppure se si risale al 1929. Eppure il Coronavirus potrebbe essere l’occasione per ripensare ad un nuovo rapporto tra uomo ed ecosistema e cercare una via d’uscita che non ripercorra pedissequamente le strade già battute. Fare tutto ciò in emergenza non è certo facile: c’è da cercare un vaccino contro il virus, c’è la disoccupazione che sta rischiando di portare molti paesi oltre la linea del non ritorno, c’è un futuro da riprogettare. È necessario riaprire le attività e garantire la salute dei lavoratori.

Eppure, di spunti questa pandemia ce ne ha suggeriti molti. Dal punto di vista etico ci ha fornito le coordinate per distinguere le cose importanti dalle quelle futili. Ha restituito valore al tempo, alle relazioni e alla solidarietà. E l’elenco potrebbe essere molto più lungo. Sotto l’aspetto economico e sociale, invece, ci ha permesso di riflettere sui limiti dell’attuale modello di sviluppo: la massimizzazione del profitto, la scala di valori sui quali abbiamo improntato la nostra crescita, i tragici errori operati nel campo della monetizzazione della salute.

L’importante sarà però rendersi conto che dopo questa catastrofe nulla sarà più come prima e, soprattutto, la ripartenza non avverrà dal punto dove ci siamo fermati, ma cambieranno sistemi, strumenti e protagonisti. È per queste ragioni che, anche se può apparire improbo, l’umanità dovrà cercare forme di sviluppo e di convivenza in un contesto più maturo, basato sulla cooperazione e non sulla concorrenza. E, quindi, ridisegnare un valore globale che metta al centro il benessere collettivo, anche a scapito di quello individuale.

Quando nel 1970 venne celebrato il primo Earth Day, negli Stati Uniti una moltitudine di statunitensi – c’è chi parla di venti milioni – scesero in strada per difendere i diritti della natura. La generazione di Berkeley che nel 1964 aveva protestato per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam cominciò a parlare di ecologia, consumismo e pacifismo. L’Europa inizialmente fu poco recettiva, perché a 25 anni dalla fine della seconda guerra mondiale stava cercando ancora le coordinate di un proprio modello di sviluppo.

Oggi la maggioranza degli scienziati è persuasa che questo sistema vada cambiato e che non sia più né ecologicamente né socialmente sostenibile. Questa crisi potrebbe trasformarsi in una occasione per cambiare quella rotta che ci sta conducendo al naufragio.


  

 

L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO UN PROBLEMA GLOBALE

Sebbene alcune zone, fra cui l’Europa, facciano registrare segnali di miglioramento in particolare per ciò che riguarda alcuni inquinanti sostanze, a scala globale i livelli di inquinamento atmosferico negli ultimi anni sono rimasti elevati, soprattutto nelle aree urbane.
Oggi più di
9 persone su 10 in tutto il mondo respirano aria inquinata, con aree del pianeta che registrano livelli medi annui di inquinamento – classificato dalla IARC come cancerogeno – ben superiori ai limiti raccomandati dall’Oms. Se gli strumenti e le conoscenze per agire ci sono e in alcune parti del mondo danno alcuni frutti, non è così ovunque. Il prezzo più alto dell’inquinamento lo pagano i paesi più poveri e le fasce di popolazione più marginalizzate e vulnerabili. Secondo le stime, ad esempio, circa 3 miliardi di persone non hanno accesso a combustibili e tecnologie pulite nelle loro case, sia per la cottura dei cibi che per il riscaldamento: l’inquinamento indoor provoca ogni anno milioni di vittime in tutto il mondo.
Nel complesso, secondo gli ultimi
rapporti l’inquinamento dell’aria indoor e outdoor è responsabile di 6-7 milioni di morti ogni anno in tutto il mondo, circa la metà del totale dei decessi correlati all’inquinamento ambientale. Si calcola che le sole polveri fini siano responsabili di milioni di morti premature nel mondo. Le polveri fini uccidono o comunque invalidano provocando attacchi cardiaci, ictus, cancro ai polmoni, altre malattie croniche ai polmoni e comunque infezioni respiratorie. Ma non solo: sempre più studi stanno indagando l’associazione con impatti su fertilità, gravidanza, malformazioni alla nascita, sviluppo delle capacità cognitive, disturbi psico-fisici.

 
Ma gli effetti dannosi dell’inquinamento atmosferico non ricadono solo sulla salute dell’uomo. Come ricorda anche l’Agenzia Europea per l’ambiente (EEA), l’inquinamento atmosferico danneggia il nostro ambiente, in particolare suolo, acque, flora (eutrofizzazione, acidificazione, danni alle colture...). 

 
Il rapporto sulla qualità dell’aria in Europa pubblicato alla fine del 2019 dall’European environment agency (Eea), mostra un quadro sostanzialmente confortante per ciò che riguarda la diminuzione dell’inquinamento in atmosfera. Dal 1990 ad oggi, infatti, (secondo i dati di Eurostat) alcuni tra i più importanti inquinanti atmosferici rivelano una significativa riduzione dei livelli di emissione. A subire questa contrazione erano infatti gli ossidi di zolfo (SOx), ossidi di azoto (NOx), ammoniaca (NH3), e polveri sottili (PM2.5). Se le percentuali comunque rivelano un abbassamento significativo del livello di inquinamento in questi ultimi trent’anni, il rovescio della medaglia è rappresentato dall’impatto sulla salute umana che, pur attenuando la sua nocività, ancora nel 2016, faceva contare 400.000 morti premature.
A subire maggiormente l’impatto dovuto alla concentrazione degli inquinanti ci sono le aree urbane, con valori alti di particolato (PM), biossido di azoto (NO2) e ozono a livello del suolo (O3). Da solo, il particolato fine (PM2,5) come recita il rapporto, «ha causato circa 374.000 decessi solo nell’Unione europea». 

 
In questo contesto l’Italia non brilla per virtù: è il primo paese europeo per morti premature da biossido di azoto (NO2) con circa 14.600 vittime all’anno, ha il numero più alto di decessi per ozono O3 (3.000), e il secondo per il particolato fine PM2,5 (58.600).

 



Hans Bruyninckx, direttore esecutivo EEA, nel presentare il rapporto ha affermato che «L’Europa sta facendo progressi, ma è tempo di accelerare i cambiamenti nei nostri sistemi energetici, alimentari e della mobilità per metterci sulla traiettoria della sostenibilità e di un ambiente sano».
Questi miglioramenti dell’inquinamento atmosferico sono in parte dovuti ai provvedimenti nazionali ed europei e in parte sono determinati, come nel caso dei trasporti e delle emissioni industriali, al miglioramento delle tecnologie di produzione. A questi due interventi bisogna aggiungere i comportamenti più virtuosi delle singole amministrazioni e una crescita della sensibilità verso i problemi ambientali da parte del mondo produttivo dove le performance ambientali sono diventate un importante fattore di competizione.
Nonostante ciò, l’Italia mostra ancora consistenti ritardi nel campo dell’inquinamento atmosferico e carenze per ciò che riguarda interventi strutturali che permettano di fronteggiare stabilmente l’inquinamento investendo sulla mobilità urbana sostenibile di persone e merci, potenziando il trasporto pubblico locale, e riducendo le emissioni provenienti dall’agricoltura, e dall’industria e quelle prodotte dalle centrali elettriche a fonti fossili e dal riscaldamento degli edifici.

 

SUOLO E ACQUA. DUE RISORSE STRATEGICHE DA TUTELARE


Laudato si’, mi Signore, per sor’acqua, la quale è multo utile et humile e preziosa e casta”. “Laudato si’, mi’ Signore per sora nostra Matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”.


 

Con questi versi, San Francesco, nel suo Cantico delle Creature volle definire il rapporto, inscindibile e irrinunciabile, fra l’uomo, la terra, l’acqua e tutte le altre creature. Un rapporto che conferisce agli esseri umani la prevalenza sul resto del creato, ma che non lo autorizza a un uso indiscriminato delle risorse (quei fructi, flori et herbae) né al dominio incontrollato sugli altri esseri viventi.
Acqua e terra rappresentano elementi essenziali per la vita, non solo dell’uomo, ma di tutte le specie viventi che animano il Pianeta.

 
Nel corso degli ultimi 2 secoli, i processi sociali, tecnologici ed economici, hanno fatto perdere di vista all’umanità, o meglio a una parte di essa, l’importanza del rapporto con questi elementi, che in ambito ambientale chiamiamo “matrici”, da
matres, quindi elementi che donano la vita.
Eppure, come ha ricordato Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato Si”, la terra oggi soffre, si lamenta, protesta per l’uso irresponsabile che l’uomo fa di lei e delle sue risorse.
Un uso quasi autodistruttivo. L’uomo, nonostante sia consapevole di questo, persevera nel suo comportamento, continua a “consumare” oltre i limiti consentiti, a percorrere strade pericolose.
La salvaguardia della biodiversità, il corretto ed equo utilizzo del territorio e delle risorse naturali, la protezione dall’inquinamento di aria,
acqua e suolo, sono argomenti che non possono più attendere.

 

 

La 50a edizione della Giornata mondiale della Terra, che cade in questo drammatico periodo caratterizzato dall’epidemia del Coronavirus, ci spinge a riconsiderare questo rapporto, a rivedere i nostri obiettivi, a rimettere al centro dell’opera dell’uomo la solidarietà, la fratellanza, una visione non solo speculativa del progresso umano, sociale ed economico. Ripensare i rapporti fra uomini e fra uomo e il pianeta: ecologia ambientale, ma anche economica e sociale.

 
La quantità e la qualità dell’acqua, in particolare quella potabile e la sua disponibilità in alcune zone del pianeta, sono una delle note dolenti della nostra epoca. Il
Goal 6 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottolinea questi aspetti. L’acqua è la risorsa indispensabile per tutte le forme di vita, e nonostante la sua quantità sarebbe sufficiente per tutti, ci sono ancora oggi nel mondo più di 800 milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile. La disparità di disponibilità e di consumo di acqua potabile.
S
econdo l’ISPRA, in Italia su 7.493 fiumi, il 43% raggiunge l'obiettivo di qualità per lo stato ecologico, il 75% raggiunge quello per lo stato chimico.

 
Su un totale di 347 laghi, solo il 20% raggiunge l'obiettivo di qualità per lo stato ecologico, il 48% dei laghi raggiunge quello per lo stato chimico. I fiumi che a livello regionale raggiungono l’obiettivo di qualità buono si trovano nella Provincia di Bolzano (94%), Valle d'Aosta (88%), Provincia di Trento (86%), Liguria (75%); quelli con uno stato chimico buono superiore al 90%, si trovano in Molise, Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e le province autonome di Trento e Bolzano.
Da segnalare l'alta percentuale dei corpi idrici lacustri non classificati (sia per lo stato ecologico sia per lo stato chimico), soprattutto nei Distretti Appennino Meridionale e Sicilia. Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente sta lavorando per implementare le attività sulle acque e rendere classificabile il maggior numero di corpi idrici.
I laghi che a livello regionale raggiungono un obiettivo di qualità buono sono in Valle d'Aosta (100%), Provincia di Bolzano (89%), Emilia-Romagna (60%); quelli con uno stato chimico buono per il 100% sono in Valle d'Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Abruzzo, Molise e nella Provincia di Bolzano.

 
Per ciò che riguarda le acque sotterranee, il 61% si trova in stato quantitativo "buono" e  il 58% in stato chimico buono.

 

 

PERDIAMO TERRENO

Lo stesso si deve dire del suolo, del suo sfruttamento intensivo e del suo inquinamento. Secondo l’ultimo rapporto Ispra e Snpa sul consumo di suolo, In Italia nel 2018 sono stati coperti con cemento o asfalto 51 chilometri quadrati di territorio, in media 14 ettari al giorno, 2 metri quadrati al secondo. Negli ultimi sei anni il nostro paese ha perso superfici che erano in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi, nonché di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio e l'infiltrazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde.

 
L
a velocità della copertura sembra essersi stabilizzata, ma è ancora molto lontana dagli obiettivi europei, che prevedono l'azzeramento del consumo di suolo netto.
Il consumo di suolo e il suo inquinamento sono due problemi divenuti comuni nell’opinione pubblica. 

 
La
bonifica dei siti contaminati, di cui Arpa Umbria è protagonista con metodologie innovative a livello nazionale, oltre a ristabilire un armonico rapporto fra uomo e terra, consente di restituire alla natura porzioni di territorio precedentemente sfruttate per attività antropiche. Lo stesso per l’acqua, bene pubblico fondamentale per la nostra esistenza, la cui tutela rappresenta un imprescindibile compito per tutte le istituzioni.
Per questa matrice l’attività di Arpa è caratterizzata da operazioni di monitoraggio, valutazione e controllo delle acque superficiali e sotterranee, in attuazione delle principali norme europee e nazionali.
L’epoca che stiamo vivendo ci ha confermato che nessuno si salva da solo. Soltanto un’azione collettiva, un operare in sinergia fra tutti “gli uomini di buona volontà”, ci restituirà l’armonia con il pianeta.

 
Acqua e suolo, sono quindi, due matrici in stretto rapporto fra loro, un connubio inscindibile che prevede un’interazione reciproca, un “impasto” di materia che come ricorda la Genesi biblica conferisce la vita all’uomo.
Occorre partire da alcuni punti fermi: la consapevolezza che questo rapporto uomo-ambiente va riequilibrato, che le risorse non sono infinite, che la Terra, “madre e sorella”, va curata, protetta, custodita e rispettata.

 
Arpa Umbria ha da tempo raccolto questa sfida e ha realizzato numerose iniziative in questi ambiti di interesse. Perno primario di tutto il processo è senza dubbio l’educazione ambientale e alla sostenibilità. Guidare le nuove generazioni, ma anche le persone adulte, verso un uso consapevole dell’ambiente, delle risorse, ma anche di tutti gli obiettivi previsti dall’Agenda 2030, per tornare a ristabilire quel rapporto di equilibrio fra l’uomo e il pianeta.
Siamo impegnati a creare una “cittadinanza ecologica”, che induca le persone a cambiare stile di vita, a incoraggiare singoli comportamenti virtuosi in grado di avere un’incidenza diretta e importante nella cura dell’ambiente.

 

 

 

[21/04/2020]