Incidenti rilevanti: la direttiva Seveso

L'incidente di Seveso

Il 10 Luglio 1976 alle 12.37, un'esplosione fa saltare la valvola di sicurezza del reattore chimico dell'ICMESA, fabbrica ubicata a ridosso dell'abitato di Seveso in Brianza. A seguito dell'incidente, in un'area dove all'epoca vivevano circa 100.000 persone, si sviluppò nell'atmosfera una nube di gas altamente tossico contenente circa 10-12 chili di diossina che colpì 158 lavoratori dello stabilimento, 37.000 abitanti della zona, gli animali, inquinò gravemente il suolo ed estese i suoi effetti dannosi al patrimonio genetico delle persone colpite. L'incidente ebbe ripercussioni non solo di carattere sociale ed economico, ma anche di carattere psicologico su tutta la popolazione. Comincia, infatti, a manifestarsi presso la popolazione la consapevolezza di precarietà rispetto alle problematiche di sicurezza e di tutela della popolazione e dell'ambiente. I legislatori cominciano nei primi anni '80 a discutere su una normativa che regolamentasse gli aspetti di sicurezza e protezione dell'ambiente di particolari impianti con caratteristiche di pericolosità intrinseca.

 

La normativa Seveso

Gli stabilimenti industriali che utilizzano o detengono sostanze chimiche per le loro attività produttive rappresentano un possibile rischio per la popolazione e l’ambiente circostante.

Tale rischio è legato alla possibilità del verificarsi di un incidente all'interno di uno stabilimento che può determinare un pericolo, immediato o differito nel tempo, dovuto all'emissione nell'ambiente di sostanze pericolose. L’incidente può verificarsi a causa di imprevisti durante l’attività di lavoro e si caratterizza per la sua natura improvvisa.

L'entità del rischio per la salute umana dipende dalla natura delle sostanze che potrebbero essere rilasciate nell’atmosfera, dal quantitativo, dalla durata dell’esposizione e dalla dose assorbita.
Per l'ambiente, i possibili effetti, legati alla tipologia delle sostanze e al quantitativo, sono la contaminazione di suolo, acqua ed aria.

Secondo la normativa Seveso, un incidente industriale è rilevante se si configura come “un'emissione, un incendio o una esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l'attività di uno stabilimento" ... "e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana e per l'ambiente, all'interno o all'esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose" (D.Lgs. n. 105/2015) .

Si ipotizza che possano verificarsi 3 tipologie di incidente, la cui gravità viene valutata in base a parametri specifici:

  • rilascio di sostanze tossiche: il rischio dipende dalle caratteristiche tossicologiche della sostanza e dalle quantità rilasciata nell’ambiente;
  • incendio: il rischio è quantificato misurando il calore (irraggiamento termico) provocato dall’incendio stesso;
  • esplosione: il rischio si quantifica valutando la variazione della pressione (onda d’urto) conseguente al rilascio di energia.

Un evento dannoso comporta un rischio intrinseco, potenziale, che può essere mitigato o esaltato dalle condizioni del contesto in cui si sviluppa. Una valutazione rigorosa del rischio è estremamente difficile perché suscettibile di numerose incertezze sulle modalità di calcolo delle probabilità, della magnitudo e degli scenari del danno.

L'evoluzione della normativa Seveso

A seguito del gravissimo incidente avvenuto a Seveso nel 1976 è iniziato il processo di regolamentazione degli aspetti legati alla prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, che ha visto dapprima l’emanazione della Direttiva 82/501/CEE (nota come Seveso I), recepita in Italia con il D.P.R. 175/1988, e poi delle successive Direttive 96/82/CE e 2003/105/CE, recepite rispettivamente dal D.Lgs. 334/99 e dal D.Lgs. 238/2005.

Attualmente la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n. 105 del 26 giugno 2015, che recepisce la Direttiva 2012/18/UE (Seveso III), entrato in vigore il 29 luglio 2015, abrogando il D.Lgs. n. 334/99 e s.m.i.

L’evoluzione del quadro normativo traccia con chiarezza il mutato approccio che la Commissione Europea e la comunità scientifica hanno delineato.

Se infatti la prima Direttiva Seveso si proponeva di ridurre il rischio a livelli compatibili, grazie all'interazione tra le misure preventive e quelle mitigative, partendo da un approccio improntato sulla verifica analitico-impiantistica, con le successive Direttive l'accento è stato spostato  anche sul controllo delle modalità adottate per la gestione della sicurezza. Attività come la formazione e l'addestramento del personale, il controllo operativo, la progettazione degli impianti e le modifiche che essi subiscono durante il loro ciclo di vita sono parti integranti e sostanziali di un Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS) che deve essere sviluppato all’interno delle aziende.

 

Glossario

Definizioni tratte dall’art.3 del D.Lgs. 105/2015

 

stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose all'interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse; gli stabilimenti sono stabilimenti di soglia inferiore o di soglia superiore;

stabilimento adiacente: uno stabilimento ubicato in prossimità tale di un altro stabilimento da aumentare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante;

impianto: un'unità tecnica all'interno di uno stabilimento e che si trovi fuori terra o a livello sotterraneo, nel quale sono prodotte, utilizzate, maneggiate o immagazzinate le sostanze pericolose; esso comprende tutte le apparecchiature, le strutture, le condotte, i macchinari, gli utensili, le diramazioni ferroviarie private, le banchine, i pontili che servono l'impianto, i moli, i magazzini e le strutture analoghe, galleggianti o meno, necessari per il funzionamento di tale impianto;

gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce uno stabilimento o un impianto, oppure a cui è stato delegato il potere economico o decisionale determinante per l'esercizio tecnico dello stabilimento o dell'impianto stesso;

sostanza pericolosa: una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella parte 2 dell'allegato 1 al D.Lgs. 105/2015, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio;

miscela: una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze;

presenza di sostanze pericolose»: la presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento, oppure di sostanze pericolose che è ragionevole prevedere che possano essere generate, in caso di perdita del controllo dei processi, comprese le attività di deposito, in un impianto in seno allo stabilimento, in quantità pari o superiori alle quantità limite previste nella parte 1 o nella parte 2 dell'allegato 1 al D.Lgs. 105/2015;

incidente rilevante: un evento quale un'emissione, un incendio o un'esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verifichino durante l'attività di uno stabilimento soggetto al presente decreto e che dia luogo a un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o l'ambiente, all'interno o all'esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose;

pericolo: la proprietà intrinseca di una sostanza pericolosa o della situazione fisica, esistente in uno stabilimento, di provocare danni per la salute umana e/o per l'ambiente;

rischio: la probabilità che un determinato evento si verifichi in un dato periodo o in circostanze specifiche;

deposito: la presenza di una certa quantità di sostanze pericolose a scopo di immagazzinamento, deposito per custodia in condizioni di sicurezza o stoccaggio;

deposito temporaneo intermedio»: deposito dovuto a sosta temporanea richiesta dalle condizioni di trasporto, di traffico o ai fini del cambio del modo o del mezzo di trasporto, non finalizzato al trattamento e allo stoccaggio;

pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della disciplina vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle decisioni adottate su questioni disciplinate dall'articolo 24, comma 1 al D.Lgs. 105/2015, o che ha un interesse da far valere in tali decisioni; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla disciplina vigente si considerano portatrici di un siffatto interesse;

ispezioni: tutte le azioni di controllo, incluse le visite in situ, delle misure, dei sistemi, delle relazioni interne e dei documenti di follow-up, nonché qualsiasi attività di follow-up eventualmente necessaria, compiute da o per conto dell'autorità competente al fine di controllare e promuovere il rispetto dei requisiti fissati dal al D.Lgs. 105/2015 da parte degli stabilimenti.