I pollini e la loro crescente presenza in atmosfera rappresentano oggi una delle problematiche che i soggetti deputati alla protezione dell’ambiente e della salute sono chiamati ad affrontare. La loro elevata concentrazione è causa di malattie allergiche, che oggi risultano in costante aumento fra la popolazione, prevalentemente nei bambini e negli adulti e soprattutto per ciò che riguarda le forme respiratorie. Questa tendenza appare relazionata a vari fattori:
- fattori genetici: nel 70% dei casi un bambino con entrambi i genitori allergici rischia di diventare, a sua volta, allergico;
- fattori ambientali: i soggetti che subiscono un impatto ripetuto con sostanze allergizzanti, come gli inquinanti atmosferici, possono vedere aumentare gli effetti da allergia da polline;
- un diverso impegno del sistema immunitario: un soggetto, nei primi anni di vita, è meno esposto ad antigeni microbici perché protetto dalle vaccinazioni di massa; i meccanismi immunitari sono quindi rivolti verso antigeni come gli allergeni, favorendo una maggiore sintesi di anticorpi IgE, responsabili delle reazioni allergiche.
La pollinosi
È la più tipica malattia allergica (interessa ormai il 15-20 % della popolazione europea), è dovuta all’inalazione di pollini che vengono trasportati dalle correnti aeree e ha un decorso propriamente stagionale, dato il rapporto diretto che esiste fra la concentrazione dei pollini nell’aria e l’insorgere dei sintomi.
Possiamo distinguere la pollinosi in:
- pre-primaverile: legata alla presenza di pollini delle piante con fioritura che va da dicembre a maggio;
- primaverile-estiva: dovuta a piante con fioritura tra aprile e settembre;
- estiva-autunnale: provocata da piante con fioritura nei mesi di agosto e settembre.
La pollinosi comporta manifestazioni a carico dell’apparato respiratorio. I sintomi classici sono la rinite allergica, cioè l’irritazione e l’infiammazione delle prime vie aeree, del naso e della gola, la tosse, fino all’insorgere di crisi di tipo asmatico; spesso questi disturbi vengono accompagnati da altri sintomi a carico degli occhi, con prurito e lacrimazione profusa (a volte irritante). Più raramente si verificano manifestazioni a carico della pelle con manifestazioni di orticaria o di altri organi interni.
Talvolta possono anche subentrare implicazioni alimentari, dovute a cross-reattività polline-alimento, in particolare con alcuni tipi di frutta e verdura. Molti soggetti allergici ai pollini possono esserlo anche ad alcuni alimenti vegetali quali: frutta fresca e secca, verdura e spezie presentando una sintomatologia orale allergica (prurito, bruciore al palato, alle labbra, alla lingua), orticaria, senso di costrizione alla gola fino a disturbi della deglutizione. Più rari sono i disturbi gastro intestinali dopo circa un’ora dall’assunzione dell’alimento, asma e, nei casi più gravi, edema della glottide e shock anafilattico.
Pollini
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Alimenti
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Graminaceae
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Ciliegia, pesca, prugna, albicocco, kiwi, agrumi, melone, anguria, pomodoro, mandorla, frumento
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Compositae
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Lattuga, cicoria, camomilla, banana, castagna, sedano, finocchio,carota, miele, prezzemolo
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Parietaria
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Basilico, ortica, mora di gelso, pisello, ciliegia, melone
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Betulla/Nocciolo
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Mela, albicocco, pesca, ciliegia, mandorla, noce, nocciola, nespola, kiwi , sedano, carota, finocchio
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Tabella delle cross-reattività
Il ruolo dell’inquinamento atmosferico
In questi ultimi anni nei paesi industrializzati si è registrato un aumento delle malattie allergiche respiratorie e una maggiore frequenza di individui allergici, un dato riconducibile a numerosi fattori fra i quali l’elevato grado di inquinamento atmosferico che si registra nei centri urbani.
L’urbanizzazione, con il suo alto livello di esposizione ad ozono, ossidi di azoto e di zolfo e polveri fini (PM10, PM 2,5), rappresenta uno dei maggiori indiziati per spiegare il ruolo che giocano gli inquinanti sulla sensibilizzazione allergica delle vie aeree. Alcune ricerche riferiscono che le proteine polliniche allergeniche, situate sulla superficie del polline, possono essere modificate da inquinanti gassosi, soprattutto ossidi di azoto, potenziandone il grado di aggressività. Inquinanti come ossidi di azoto (NOx) e ozono (O3), inducono nella pianta una risposta simile a quella causata da un agente patogeno.
Un polline “stressato” potrebbe così contenere più proteine rispetto ai pollini normali, modificando la propria allergenicità e aumentando il rilascio di numerose altre molecole dannose in grado di indurre infiammazione allergica nelle vie aeree. Inoltre, i pollini “stressati” rilasciano grandi quantità di minuscole particelle, come granuli di amido e frammenti di tessuti del fiore, che contribuiscono ad arricchire il pulviscolo atmosferico inalato durante la stagione pollinica.
Il ruolo del clima
Le condizioni climatiche influenzano in modo preminente la diffusione e il potere allergenico dei pollini. Il vento influenza la dispersione dei granuli pollinici in atmosfera, le piogge abbassano le loro concentrazioni, mentre i temporali successivi a periodi di siccità determinano la rottura del polline, aumentandone il relativo potere allergizzante.
L’aumento delle temperature medie, inoltre, dovuto al riscaldamento globale e a fenomeni locali quali il contributo dell’espansione edilizia e infrastrutture che assorbono e rilasciano calore proveniente dal sole, influiscono sulle fioriture, alterando il normale decorso delle stagioni, con anticipi o posticipi delle stagioni polliniche delle varie famiglie. In questo modo, alcuni pollini che normalmente ritroveremmo in primavera si riscontrano in atmosfera già nel tardo inverno, le stagioni polliniche si allungano e/o si accorciano causando fenomeni allergici anche in periodi non consueti.
I cambiamenti climatici portano quindi una modifica della biomassa vegetale, della produzione di polline, dell’ampiezza delle stagioni polliniche, aumentando l’esposizione ai pollini e di conseguenza l’incidenza delle malattie allergiche.